“Sicilia. Il triangolo nel Mediterraneo, culla di Cosa nostra”. Da siciliana, da italiana, da migrante, da ragazza del ’92, da target delle mire pubblicitarie, da potenziale consumatrice e turista mi sento offesa da slogan di questo genere.
Mi sento non meno offesa da alcuni souvenir che i siciliani stessi vendono, ad esempio all’aeroporto di Catania, che il Governatore Lombardo dovrebbe ben conoscere: magliette, e perfino bavaglini per bambini, ad esempio, con la scritta “Io sono mafioso”.
Mi indigno ogni qual volta la parola “Mafia” diventa slogan, strumento pubblicitario, marketing. La mafia, le mafie, approfittano del consumismo e la nostra societá neocapitalista si lascia, purtroppo, ben strumentalizzare dalla malavita diventandone piazza e mercato.
Cosa Nostra è una piaga dolorosa che ogni giorno cammina sulle stesse gambe che ancora oggi, mai stanche, trascinano
e urlano le idee di Falcone
e Borsellino. Solo un popolo “fiolosofo” come quello siciliano può avere la maturità di accettare che delle proprie tragedie si possa ridere. Ciò non vuol tuttavia dire necessariamente che si accetti di essere trasformati in ciò che non si vuole essere, di essere venduti per ciò che non si è.
Trasformare la Mafia in un marchio o in uno slogan è pericoloso perché rischia di alimentarne il business. L’Antimafia è altro!
La Sicilia e molti siciliani stanno lavorando per cambiare la cultura e l’immagine della nostra terra. Cultura e immagine si intrecciano, non cambia l’una se anche l’altra non cambia. Spesso diventiamo ciò che gli altri vogliamo vedere – non posso non pensare al film “Malena” del bravo regista Siciliano Peppuccio Tornatore, che non parla di Mafia ma che ben esprime questo principio.
Alcuni progressi possono essere apprezzati, pigri, figli della lentezza che la calura della trinacria soffia per i propri vicoli assolati e deserti. Il regresso è invece veloce, molto più veloce, flessible, talvolta irreversibile. Non aiutiamolo. Non trasformiamolo in facile guadagno ad uso e consumo di turisti ignoranti,perché alla fine la perdita sarebbe incommesurabile e a perdere saremmo tutti, non solo i siciliani ma chiunque nella propria vita, anche solo per un attimo, abbia saputo amare.